La Pietra Ollare
Ai piedi del massiccio del Bernina, in Valtellina, si apre la Valmalenco, una vallata aspra e solcata
dal fiume Mallero. E’ qui che esiste una antichissima attività artigianale, la lavorazione della
pietra ollare: una pietra di un bel colore grigio verdastro opaco, uniforme, molto tenera e quindi facilmente lavorabile specie al tornio.
La pietra ollare che viene estratta da alcune cave in Valmalenco e Valchiavenna, già citata da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, comincia ad essere lavorata in epoca remota.
Il nome ollare deriva dal latino “olla” col significato di pentola, contenitore di olio. Nel passato era usata quasi esclusivamente per la realizzazione di recipienti quali i “lavècc”, gli “stùin” (per cuocere stufati) e i “furàgn” (per conservare formaggi, burro o lardo).
Cantiani nel 1978, in vacanza a Primolo (Valmalenco) durante una passeggiata nei boschi scoprì, lungo i margini di un torrente, il residuo di quello che un tempo era una semplicissima costruzione
il “turn” il tornio. Consisteva in un basso riparo in pietra contenente una apparecchiatura in legno
che fungeva da tornio il cui funzionamento era dovuto al collegamento a delle pale, sempre di legno, che venivano mosse dalla forza dell’acqua deviata dal fiume.
Qui venivano torniti i “ciapùn” blocchi di pietra dal peso variabile di 35/40 Kg estratti dalla cava manualmente con l’uso di un leggero piccone e poi lavorati al tornio.
Da un blocco di pietra venivano ricavati da 4 a 6 “lavècc”, una batteria di pentole di differenti grandezze, da 30 cm di diametro in giù. Gli scarti di lavorazione venivano gettati nel fiume
sottostante.
Cantiani ha rinvenuto questi scarti in grande quantità e li ha raccolti, e trasportati a valle.
I reperti sono in maggior parte a forma di mezzaluna, di varie dimensioni e sono la parte esterna scartata dalla lavorazione, levigati all’interno e al rustico all’esterno dove sono evidenti i segni
delle picconate, oppure di forma circolare, cioè residui di fondelli o di coperchi. Su tutti sono ben evidenti delle scanalature lasciate dalla lavorazione al tornio che li rendono dei pezzi unici,
uno diverso dall’altro.
Cantiani ha immaginato in queste pietre la rappresentazione iconica di reperti pervenuti da altri
mondi extraterrestri. In ogni pezzo Cantiani, tramite l’applicazione di piccole decorazioni astratte, sempre differenti, dipinte con colori acrilici, ha creato un linguaggio comunicativo nuovo, come
dei messaggi provenienti da una cultura sconosciuta, messaggi che ogni fruitore è chiamato a decodificare con la propria sensibilità.
Le “Pietre” di Cantiani vivono in singoli pezzi piuttosto che sovrapposti o incollati su lastre di pietra.
Cantiani è tornato a Primolo per i 10 anni successivi proseguendo le sue ricerche e sperimentazioni e con il tempo sono nati i “piani stellari” “i pianeti” “le meteore” ecc. Ha avuto modo di conoscere le tradizioni millenarie di questa bellissima pietra e ha conosciuto gli artigiani che ancora oggi questa tradizione portano avanti.
Cantiani ha anche disegnato e fatto realizzare al tornio da un artigiano del luogo delle sculture,
tra cui alcuni “Ciapùn meteorite”, un intero blocco al rustico, tagliato a metà, che una volta aperto vi si scopre “un mondo” e dei dei “contenitori astrali” torniti e dipinti sia fuori che dentro.
La cava di Pietra ollare a Primolo in Valtellina
Fase di estrazione del blocco di pietra detto" Ciapùn""
Cantiani segue le fasi della lavorazione al tornio per la realizzazione della scultura da lui progettata.
La scultura "Ciapùn meteorite" terminata. E' ben visibile il blocco chiuso e la sua metà aperta con la parte interna tornita e dipinta da Cantiani.